|
|
|
Farid ad-din Attar è uno
dei più noti poeti mistici persiani insieme a Rumi, ed
è conosciuto come uno dei più grandi maestri del
sufismo. Vissuto fra il 1100 e il 1200, di lui si sa che ebbe
una profonda conoscenza della musica, dell'astronomia, della medicina
e delle teorie filosofiche delle scuole di quei tempi. Gli sono
state attribuite circa un centinaio di opere, fra cui la più
celebre è Il verbo degli uccelli.
L'opera racconta il lungo viaggio di uno stormo di uccelli alla
ricerca del loro re, Simurgh, trasparente simbolo della divinità,
a cui gli uccelli arrivano dopo aver attraversato sette valli:
la valle dell'Amore, della Conoscenza, del Distacco, dell'Unificazione,
dello Stupore, della Privazione e dell'Annientamento.
Simurgh, che significa "trenta uccelli" (quanti arrivano
sino al termine del viaggio dai centomila partiti all'inizio),
si manifesta come specchio degli eletti che riescono a vederlo:
alla fine dell'opera, la metafora del viaggio si svela nella scoperta
dell'identità tra gli uccelli e il loro Re.
Il viaggio è chiara metafora del cammino mistico, dell'elevazione
spirituale dell'uomo, delle prove necessarie per raggiungere l'oltre,
per congiungersi ad esso e ritrovare nella sua immagine se stessi.
Lo stile dell'opera è ricco di aneddoti, racconti, favole,
con una esposizione ricca e raffinata densa di delicata poesia
e di profonda sapienza mistica e filosofica paragonabile nella
cultura occidentale solo alla Divina Commedia di Dante.
Attar dipinge un affresco meraviglioso di un'umanità composita
e popolata da re, principesse, bellissimi giovani dal petto d'argento,
fanciulle dal volto di luna, arcangeli che parlano con gli uomini
e sufi erranti e pazzi d'amore, personaggi appartenenti sia ai
miti biblici che a quelli coranici.
In Italia Il verbo degli uccelli è stato pubblicato dalla
SE libri per la prima volta nel 1986, e poi dalla Mondadori nella
collana degli Oscar. |
|